Piccolo manuale per non fraintendere l’8 marzo
(di Chiara Beretta)
Oggi, 8 marzo, si festeggia una ricorrenza importante. No, non la Festa della donna, come siamo abituati a chiamarla, ma la Giornata internazionale dei diritti delle donne. Pensare all’8 marzo come una festa celebrativa della donna è un po’ limitativo, forse dà anche ragione agli uomini che dicono che nel XXI secolo le donne hanno più diritti di loro, che l’uguaglianza è stata raggiunta, anzi che la disuguaglianza si è ribaltata. Sappiamo bene che non è così. L’8 marzo, infatti, non è stato istituito per celebrare le donne o per regalare mimose. Tutto ciò è venuto dopo. Dopo cosa?
Il 28 febbraio 1909 fu celebrata, negli Stati Uniti, la prima Giornata della donna. Fu istituita dal Partito socialista americano per manifestare in favore del diritto di voto femminile, dopo che le donne socialiste avevano trattato questo tema in una conferenza del partito, detto proprio Woman’s day.
Allora perché è stato scelto l’8 marzo? La data corrisponde a quella di una manifestazione russa, ispirata proprio al Woman’s day americano. Si tratta dell’8 marzo 1917 e della protesta iniziata dalle operaie del settore tessile, che portò all’inizio della Rivoluzione russa. Da quel momento in poi la Giornata della donna fu celebrata dai partiti comunisti e dai gruppi femministi di tutto il mondo. Venne infine istituzionalizzata la Giornata internazionale dei diritti delle donne nel 1977 dalle Nazioni Unite. Si riconobbe così l’urgenza di porre fine a ogni discriminazione nei confronti del genere femminile e di aumentare gli sforzi perchè questo potesse avvenire.
Capiamo quindi che questa ricorrenza è nata per rivendicare diritti che ancora non si possedevano, per ottenere la parità e ribadire che donne e uomini sono uguali. Nella cultura e nella società odierna, però, l’8 marzo ha perso queste connotazioni. Spesso si sottovaluta la portata di questa giornata. Diventa importante affrontarla non come una festa, ma come una ricorrenza, un momento per rivedere il passato, le conquiste ottenute. Allo stesso modo è anche l’occasione per ragionare sul presente e su ciò che vogliamo sia il futuro. In certe parti del mondo le donne non dispongono ancora di molti diritti fondamentali e in altre, tra cui l’Italia, questi sono appesi al filo, messi in discussione.
L’esempio più lampante, di nostro interesse, essendo studenti e studentesse, riguarda il diritto all’istruzione. L’ONU riporta che solamente due terzi dei paesi nelle regioni più sviluppate hanno raggiunto la parità di genere per ciò che concerne l’educazione primaria. 132 milioni di ragazze non vanno a scuola, attesta l’Unicef. Eppure, l’istruzione femminile è definita una delle chiavi per lo sviluppo sociale, politico ed economico di un paese. Le studentesse sono ancora discriminate e soggette a violenze.
Proprio negli ultimi mesi oltre un migliaio di studentesse iraniane sono state sottoposte a inalazioni di gas tossici. Si tratta molto probabilmente di attacchi premeditati nei confronti delle ragazze, per aver preso parte, ispirato e guidato le proteste antigovernative. Secondo media e attivisti locali, almeno 52 scuole del paese sono state interessate dalle intossicazioni di massa.
In Afghanistan, invece, dal 20 settembre 2021 le ragazze al di sopra dei 12 anni non possono andare a scuola. Il 20 dicembre 2022 alle donne è stato vietato anche di andare in università.
Proprio per questo, quest’anno la Giornata internazionale delle donne ha come tema “Le donne in un mondo del lavoro in evoluzione: verso un pianeta 50-50 nel 2030”. Si mira a promuovere il raggiungimento degli obiettivi 4 e 5 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. L’obiettivo numero 4 è dedicato all’accesso globale alla formazione di qualità e all’apprendimento continuo, mentre il numero 5 si focalizza sull’uguaglianza di genere e sull’empowerment delle donne e delle ragazze.
Certo, potremmo pensare che, di concreto, noi giovani studenti e studentesse non possiamo fare molto. Ma basta la consapevolezza, la conoscenza di questi fatti, la condivisione con chi ci sta vicino, soprattutto tramite la scuola, per dare senso all’8 marzo. Noi studentesse non dobbiamo dare per scontato i diritti che già abbiamo, ma neanche accontentarci.