di Francesco Lattanzio (membro dell’area scuola)
“Maturità, t’avessi preso prima”, cantava Venditti in “Notte prima degli esami”. Già riesco a immaginarmi mentre sarò lì a cantarla a squarciagola con i miei compagni di classe la notte del 20 giugno, alla vigilia della prima prova, in un’atmosfera che vedo piena di gioia mista a preghiere, tante preghiere.
Questi giorni di preparazione sono davvero intensi, ansia e stress si alternano di continuo alla voglia di libertà e curiosità. Man mano ho costruito in me l’idea di questo momento tanto atteso, di come sarebbe stato il punto in cui finalmente (?) lascerò le mura scolastiche, quelle mura che per tanti anni sono state casa e che portano su di loro come fossero colori, tutti i miei sacrifici, le gioie e i dolori che ho vissuto in questi cinque anni. Ora che è arrivato il momento di andare via quasi vorrei che il tempo si fermasse, che potessi rimanere ancora per un po’ qui, nella mia classe, con i miei compagni, i prof a fare compiti di matematica anche se “non sarà mai il mio mestiere”.
E invece non è così, è giunto il momento di andare, perché lì fuori hanno bisogno anche di noi, del nostro contributo, delle nostre passioni e delle nostre ambizioni. Siamo chiamati a vivere il presente e quindi mi porta a dire che nonostante le emozioni contrastanti che sto vivendo, gioia e apprensione al tempo stesso, sono pronto per questo esame, l’ultimo tra questi banchi, ma solo il primo di una lunga serie che incontrerò in futuro. Un esame che corona un ciclo durato ben cinque anni fatto di sacrifici, esperienze, valori e passioni che mi hanno segnato e mi hanno reso il cittadino e il ragazzo che sono fiero di essere.
Non è facile chiudere gli occhi e pensare che tra qualche giorno sarà tutto finito. Per me tutto questo periodo sta assumendo un sapore particolare, l’esperienza dell’essere un rappresentante degli studenti, mi ha fatto sin da subito essere ancora più vicino alla comunità studentesca, consapevole di un certo stile da assumere e da portare avanti. Ho sentito la responsabilità di un’intera comunità, i bisogni e i desideri degli studenti sulle spalle, ho provato grandi emozioni per tutti i traguardi raggiunti. E se fosse stato questo il mio vero esame di maturità?
Ho vissuto questi anni con una frase fissa nella mia mente: “I CARE”, due parole che mi hanno accompagnato in questo lungo viaggio. I Care, prendersi cura delle persone e degli spazi che giorno dopo giorno sono diventati la mia casa, provando a non essere indifferente di fronte al compagno che ha bisogno di aiuto, provando a contribuire alla piccola società che si crea all’interno delle mura scolastiche. E se fosse stato questo il mio esame di maturità?
L’avessi presa così questa maturità sarebbe stato diverso, magari sarebbe stato più comodo, ma non so se sarebbe stato altrettanto bello.
Ora non mi resta che provare a vivere a pieno questi ultimi giorni e di dare il meglio per raggiungere una vera soddisfazione, cercando di mettere fuori tutto quello che ho a disposizione e che ho appreso in questi anni. E a tutti noi, compagni maturandi, vorrei dire di essere noi stessi in questo periodo e di aprire cuore e mente, non lasciamoci prendere dall’ansia e dalle paure. È il momento di far vedere chi siamo!
Sento in sottofondo le note finali di Venditti, “Forse cambiati, certo un po’ diversi, ma con la voglia ancora di cambiare”, e capisco che è veramente giunto il momento. Cara scuola, avrai sempre un posto speciale nel mio cuore.