di Davide Allegrini, segretario del MSAC di Pisa
Davide, segretario Msac del circolo di Pisa, ci racconta cosa è successo nella sua città il 23 febbraio, quando studenti e studentesse scesi in piazza per la pace sono stati caricati dalle forze dell’ordine. Una testimonianza diretta e sincera che ci riporta oltre slogan, rabbia e indignazione e ci chiede ancora una volta di farci toccare nel profondo da quello che è successo, perché se nulla cambierà in noi e resteremo indifferenti allora ci saremo davvero arresi a questa inaccettabile violenza.
Parto dal presupposto che non mi sono mai considerato un amante delle proteste, non perché le reputi inutili o inappropriate, ma per il fatto che contrastano con il mio carattere. Sono sempre stato un ragazzo tranquillo, e il rumore delle proteste, i cori, la grande quantità di gente non mi hanno mai attratto molto. In più, solitamente preferisco seguire le lezioni a scuola, per non trovarmi in difficoltà con lo studio successivamente.
Eppure, ciò che è successo l’altro giorno mi ha un po’ risvegliato, mi ha fatto capire che non potevo più delegare la mia presenza a quei pochi ragazzi, che io ammiro profondamente, che continuano a manifestare nonostante il grande disinteresse politico sempre più presente nella nostra generazione. Ciò che mi ha mosso è stato un forte senso di rabbia, nata dalla mia incapacità di spiegarmi un gesto così estremo da parte della polizia. Di quei 150 ragazzi ne conosco diversi e il saperli vittime di questa grandissima ingiustizia mi ha scosso immediatamente, soprattutto perché portavano un messaggio, in modo assolutamente pacifico, che io condivido in tutto e per tutto: chiedevano semplicemente la pace, un cessate il fuoco. Ebbene, questa esperienza mi ha risvegliato e ha sicuramente risvegliato anche tantissime tantissime altre persone (più di cinquemila). Infatti, non sono assolutamente mancato alle due seguenti manifestazioni. Sentivo una certa energia mai provata prima che mi ha portato a scendere immediatamente in piazza. Allo stesso tempo però mi ha anche dato modo di prendermi un momento di riflessione perchè all’assemblea studentesca del giorno dopo mi sono ritrovato molto in quello che dicevano le vittime dell’assalto: “dovevamo proprio aspettare un evento così terribile per risvegliarci, per capire che qualcosa qui non sta funzionando?”.
Ed è proprio in quel momento che ho sentito un forte un senso di vergogna, nato dall’ipocrisia con cui avevo affrontato fino a quel momento il problema: sono stato sempre a discutere di un mondo migliore, di uno Stato migliore, a desiderare il cambiamento, senza però contribuire in modo effettivo.
Tutto ciò mi ha dato anche la possibilità di riflettere sulla situazione politica attuale e sul futuro e non nego che ho provato un senso di ansia. Ciò che è successo mi ha spaventato molto, e lasciato con molte domande. Qual era il senso di schierare le forze anti sommossa se già si sapeva che erano solo un centinaio di studenti? Perché alcuni politici cercano di giustificare quanto accaduto sostenendo, ad esempio, che i ragazzi marciassero verso la Sinagoga, quando qualsiasi pisano sa che non solo la sinagoga si trova dall’altra parte della città, ma che perfino il senso di marcia dei ragazzi era opposto alla Sinagoga?
La violenza è scaturita da uno scatto di ira da una delle due parti oppure è stato un ordine ufficiale?
Insomma, ammetto che ora come ora spiegare tutte le emozioni che sto provando è alquanto difficile: da un lato sono anche felice, e di questo mi vergogno, che ciò che è successo sia servito alla gente per rendersi conto che c’è qualcosa che non va in questo Stato.
Dall’altro sento sempre più che è arrivato il momento di reagire perché più il tempo passa, più il problema mi sembra evidente. Infatti, è preoccupante pensare che sia lecito potersi trovare con altre 300 persone a tendere il braccio in aria, rievocando periodi di violenza e repressione nazionale, senza alcuna conseguenza, ma contemporaneamente temere di essere picchiato violentemente per il solo fatto di manifestare con altri 100 ragazzi, in modo assolutamente pacifico, chiedendo la pace. E mi sono reso conto di quanto io stia iniziando a sentire sempre più intorno a me questa oppressione.
Eppure non posso fare a meno di vedere un lato positivo in tutto questo: da sempre mi è stato insegnato che non si deve mai perdere la speranza e io oggi la speranza la ripongo in quelle cinquemila persone tra madri e padri, ragazzi e ragazze, professori e professoresse, anziani e giovani, che la sera stessa sono scesi in piazza per esprimere il loro dissenso riguardo questa violenza insensata. La ripongo in quelle persone che in questi giorni da tutta Italia hanno dimostrato il loro sostegno a favore degli studenti.
Tutto questo mi dà la forza di continuare a sperare e impegnarmi sempre più in prima persona perché la democrazia e la pace rimangano dei valori saldi e inalienabili.