In questi giorni, timidamente, a tratti, l’attenzione mediatica sembra ritornata sul mondo della scuola. A tratti, o meglio a trattini. Infatti, il Ministro ha provato a tratteggiare i bordi di un protocollo complesso per la gestione dei casi Covid che si presenta di comprensione non immediata, anche se forse per la prima volta completo. In ogni caso, sebbene sia giusto sottolineare l’importanza dell’opportunità offertaci dal governo di tornare ad abitare le nostre classi, è bene anche evidenziare che qualcosa non va. In una parola sola è questione di spaziotempo.
Nella scuola che ritorneremo ad abitare, dopo venti giorni di impennata dei contagi, gli spazi restano inadeguati, restano quelli che potevano accoglierci tre anni fa, quando evidentemente si respirava un’aria diversa e, sebbene si cominciasse a stare stretti, le nostre classi erano ancora “vivibili”. L’edilizia scolastica, allora, a partire dal PNRR è una scommessa sulla quale non si possono fare passi indietro; in questo caso la pandemia sia un pretesto per mettere mani, e testa, alle pareti troppo strette delle nostre aule troppo affollate.
Alla necessità di spazio si aggiunge l’inesattezza del tempo: l’inclinazione della curva dei contagi era già alta nel tratto finale del 2021; tuttavia, il dibattito che contrapponeva la “malvagia pratica” della DaD al rischiosissimo ritorno in presenza non ha avuto grande risonanza sino a qualche giorno fa quando, inevitabilmente, era troppo tardi. Allora ci dispiace che molti di noi oggi non siano tornati realmente in classe, ci dispiace che nessuno di noi sia stato consultato per prendere decisioni urgenti ed essenziali e ci dispiace che, nello spazio pubblico, il clamoroso insuccesso umano e sportivo di un campione abbia più risalto del futuro (presente) di noi studentesse e studenti.
Ci troviamo di fronte a un’altra occasione persa, come è stato per due anni il caso della Didattica a Distanza. Tranne i mesi di trincea, nei quali abbiamo risposto come potevamo a una situazione di fatto emergenziale, nel tempo restante ci siamo limitati a inquadrare la DaD come una scommessa persa in partenza e una strada senza futuro. In questo modo abbiamo perso la possibilità di renderla una strada praticabile quando un’alternativa non c’è. Infatti, dal momento che la presenza nelle classi è una risorsa insostituibile, non perdiamo nuovamente l’occasione del valore aggiunto.
Formiamoci tutti insieme per una scuola più digitale. Formiamo una classe docente che sappia accompagnare questa transizione. Formiamo una popolazione studentesca in grado di mettersi in gioco per vincere la scommessa di una scuola più sicura, al passo con i tempi e che accolga il futuro nel presente. Anche in questo caso, non è sufficiente “strappare lungo i bordi” della soluzione di un’emergenza; bensì guardare avanti con profezia e accogliere la possibilità di un cambiamento. Se non velocissimo, che almeno cominci.