Ricorre oggi l’ottantesimo anniversario dalla liberazione del campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau. Ricorre oggi, ancora una volta, la Giornata della Memoria.
Giornate come quella odierna ci aiutano a tenere accesa la fiamma del ricordo e costituiscono per noi un importante monito affinché gli errori passati non vengano più ripetuti, anche se ammetterli, ai giorni nostri, ci risulta difficile.
Il ricordo, dunque, è molto importante per la nostra società e per noi giovani. Lo è ancor di più per tutti noi msacchini che incarniamo l’I care del nostro caro don Lorenzo Milani, motto contrario al “me ne frego” fascista, che si incarna e prende vita in tutto quello che facciamo e promuoviamo.
Qualche giorno fa ho avuto la possibilità di partecipare al Treno della Memoria, un’esperienza che porta ogni anno migliaia di adolescenti da tutte le parti d’Italia nei luoghi dove il terrore nazista non ha lasciato scampo a tante, troppe persone.
Quest’esperienza, estremamente impegnativa non solo fisicamente ma anche e soprattutto emotivamente, ha dato vita alle molteplici narrazioni che ogni 27 gennaio assumono un’improvvisa e altrettanto passeggera importanza mediatica.
Tutti dovremmo farlo: visitare quei luoghi, respirare quell’aria, vedere con i propri occhi la realizzazione di un progetto folle e genocida. Solo in questo modo possiamo mettere da parte le nostre differenze e riconoscere la nostra comune appartenenza al genere umano, a partire proprio dai nostri banchi di scuola.
La visita nei campi di sterminio riempie di un senso di impotenza, di piccolezza, di ingiustizia. Entrare nei luoghi della storia, fisicamente e mentalmente, porta ad immaginare la vita quotidiana rinchiusi tra quelle mura, tra gli insulti e le percosse da parte dei soldati nazisti e il vento gelido che colpiva i corpi esili ed esausti a causa di lavori forzati e violenze. Ci si sente imprigionati, tra il filo spinato e le grate delle celle, in quello che è il più grande cimitero sulla faccia della terra.
In un mondo che troppo spesso si lascia travolgere dalla superficialità e dall’indifferenza, giornate come questa e iniziative come il Treno della Memoria ci ricordano quanto sia essenziale non voltare lo sguardo, non dimenticare. La memoria non è un semplice esercizio del passato, ma un ponte verso il futuro, un monito costante che ci spinge a costruire una società più giusta, più consapevole e più umana.
Per noi giovani il ricordo è un atto di responsabilità, una promessa di impegno affinché l’orrore non si ripeta mai più. È nostro compito far sì che il silenzio dei luoghi come Auschwitz-Birkenau non sia sterile, ma una viva esortazione a riflettere e ad agire. Coltivare la memoria significa anche scegliere di guardare il mondo con occhi nuovi, pronti a difendere la dignità umana ogni giorno.
In fin dei conti, ricordare non è solo un dovere verso chi ha sofferto e ha perso tutto: è un dovere verso noi stessi e verso chi verrà, per costruire un futuro in cui nessuno debba più sentirsi schiacciato dall’ingiustizia e dall’odio. È, in fondo, il modo più autentico per dire che ci importa davvero.
Pietro Ferrarese, segretario msac Nardò-Gallipoli