Vivi la scuola. Prendi la parola.
Partecipa al cambiamento.

Episodio 2 – Quali strumenti usiamo?

In questo tempo lo strumento della manifestazione è largamente utilizzato. Nelle piazze delle nostre città ogni settimana gruppi di persone rivendicano uno spazio per esprimere dissenso o dare voce ad un’attenzione particolare.
Troviamo giovani e adulti, di diversa estrazione sociale e con diverse “battaglie” da difendere; abbiamo i movimenti Fridays for Future o LGBTQI+, ci sono i No Vax, i sindacati, le associazioni studentesche e tanti altri gruppi che popolano frequentemente le piazze e le strade.

Il tempo di pandemia, in particolare, ha portato con sé molti malcontenti e diverse tensioni per il maggiore senso di precarietà che viviamo. Questo sentimento sicuramente ha portato a concretizzare molte proteste e in breve tempo i manifestanti si sono riappropriati dei loro spazi. Notiamo che la frequenza con cui si svolgono i cortei è decisamente elevata: questa corsa alla manifestazione e la necessità frenetica di scendere in piazza portano pertanto a interrogarci su tale fenomeno. Facendo riferimento ai servizi televisivi e alle notizie che giungono a noi, che immagine ci lasciano le piazze piene oggi? Che sensazioni ci provocano le parole e i toni delle masse che vengono usati?

Pensiamo all’elevato tasso di occupazioni che si è registrato nei mesi di novembre e dicembre in diverse scuole del territorio nazionale. Da nord a sud, gli studenti e le studentesse si sono mobilitati per chiedere la riapertura delle scuole e consentire un ritorno in presenza e in piena sicurezza. Dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia non sono ancora stati fatti i giusti investimenti per poter garantire il diritto allo studio a milioni di giovani nel nostro paese. Senza tralasciare le proteste delle ultime settimane contro le decisioni del governo sull’esame di maturità e per chiedere l’abolizione dei programmi di alternanza scuola-lavoro, in seguito alla morte di Lorenzo Parelli, avvenuta durante un apprendistato a fine gennaio.

La protesta più grossa è stata a Roma, davanti al ministero dell’Istruzione, dove hanno partecipato circa cinquemila studenti, ma ci sono state manifestazioni anche a Milano, Bologna, Genova, Venezia, Palermo, Firenze, Bari, Perugia, Padova e altre città. Costantemente, quindi, gli studenti scendono in piazza, o talvolta occupano gli istituti per rivendicare uno spazio e far sentire la propria voce, ma vale la pena chiedersi che strumento sia questo. Cosa significa scendere in piazza e manifestare oppure occupare una scuola? Che valore ha una manifestazione?

Almeno una volta nella vita ci sarà capitato di ascoltare la frase “le manifestazioni non servono a nulla, non raggiungono mai i loro scopi”.
Può essere che, presi singolarmente, cortei, manifestazioni, sit-in di protesta, flash mob con cartelli, striscioni e slogan di per sé non raggiungono lo scopo che si prefiggono nell’immediato, probabilmente perché non esiste un rapporto di causa ed effetto così diretto da fare in modo che ad ogni protesta corrisponda una immediata correzione politica su questa o quella riforma.
Eppure, la storia ci ha dimostrato, nel corso dei millenni, che senza le grandi ondate di manifestazioni non avremmo avuto le rivoluzioni più importanti che hanno trasformato il mondo moderno e hanno letteralmente cambiato il corso della storia e della civiltà. Non solo occidentale. Un po’ ovunque i movimenti di protesta e di proposta hanno prodotto mutamenti talvolta anche inattesi e ben oltre le prime aspettative. 

Quello che non tolleriamo però è la violenza. Perché si rivela necessario dover fare gesti eclatanti e talvolta eccessivi? 
Riconosciamo la necessità di qualcosa che porti al “punto di rottura”, ma siamo educati a saperlo fare? 

Non necessariamente per raggiungere un obiettivo bisogna utilizzare la violenza. Materialmente dovremmo saper sfruttare i mezzi giusti per poter far sentire la nostra voce e il primo passo è sicuramente avere la consapevolezza e il giusto sapere di come poter agire. Quindi al primo posto, l’informazione.

Per poi giungere a chiederci: nel nostro piccolo cosa possiamo fare affinché ci sia veramente un cambiamento?

Che immagine ci lasciano le piazze piene oggi? Che sensazioni ci provocano le parole e i toni delle masse che vengono usati?
Cosa significa scendere in piazza e manifestare oppure occupare una scuola? 
Perché si rivela necessario dover fare gesti eclatanti e talvolta eccessivi? 
Nel nostro piccolo cosa possiamo fare affinché ci sia veramente un cambiamento?

5 risposte

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Largo Studenti è un progetto realizzato dal Movimento Studenti di Azione Cattolica in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione.